Cos'hanno in comune le auto del futuro alla missione dell'Apollo 11 che permise il primo sbarco dell'uomo sulla luna?
Moltissimo, in realtà.

C'è infatti una lunga storia di 'vicinanza' tra il mondo automotive degli Stati Uniti e quello della NASA, l'ente incaricato dell'esplorazione spaziale; dal 1958 (anno di istituzione della NASA), in poi, l'opinione pubblica americana mostrò grande interesse per la tecnologia futurista, dando di fatto vita anche ad un cambiamento nel design delle autovetture. 

Nel 1969, l'anno dello sbarco sulla Luna, General Motors decide di sposare concettualmente il mondo delle auto con quello dei grandi missili per le imprese spaziali. Astro III abbandona infatti la 'forma' consueta di una vettura sportiva e diventa un veicolo jet su ruote, con quelle anteriori molto vicine, tanto da far sembrare questo modello sperimentale una sorta di triciclo. Presentata come ''auto sportiva del futuro, per circolare sulle autostrade del 2000'' Astro III evidenziava oltre allo stile davvero originale molte particolarità, volute dall'allora capo del brand Chevrolet John Zachary DeLorean, lo stesso che nel 1983 fondò l'omonima Casa di vetture sportive, rese celebri dal film Ritorno al Futuro. Tra queste la propulsione con un motore a turbina da 317 Cv, il sistema di guida con joystick come negli aerei e la visione posteriore con telecamera. 

Da quel 20 luglio 1969, la rivoluzione fu doppia; non solo Neil Armstrong mise piede sulla luna insieme al collega  Buzz Aldrin, ma da quel momento, furono progettati e realizzati dei mezzi per poter viaggiare su altri pianeti.
A partire dalla missione Apollo 15, il 31 luglio 1971, venne infatti utilizzato anche un piccolo mezzo di trasporto, il cosiddetto rover lunare, tecnicamente chiamato Lrv (Lunar Rover Vehicle, appunto). Si trattò della prima “automobile” sulla Luna, a tutti gli effetti. Mezzi simili furono usati anche nelle due missioni successive. 

Insomma, un grande passo per l'uomo, un immenso passo per il futuro automobilistico.